Abbiamo letto un articolo di Chiara Basciano, sulle News di PMI, che fornisce importanti spunti di riflessione per giovani imprenditori o aspiranti tali, in particolare a quelli che stanno partecipando al concorso rotariano FARE IMPRESA, che premierà il o i vincitori nel giugno prossimo, e anche per i tutor incaricati di assisterli .
Ne commentiamo i passi che ci sembrano i più interessanti. Un primo avvertimento che troviamo riguarda “la mancanza di pianificazione. Un buon business plan deve essere realistico e basato su informazioni credibili e proiezioni accurate. Deve contenere in dettaglio la visione, gli obiettivi, i target della forza lavoro, le potenziali soluzioni ai problemi, l’analisi competitiva, le strategie di marketing, le previsioni di vendita e di spesa. Si tratta di un grosso lavoro ma essenziale per non fallire”. La presenza del tutor impedisce, all’aspirante imprenditore, di incorrere in questo errore. Un errore frequente in coloro che vedon il business plan come un fastidioso compito da svolgere come una formalità. Molti non si rendono conto, infatti, che il business plan è una luce, per quanto limitata e incerta, gettata sul futuro.
L’articolo riporta la seguente statistica: “Secondo Forbes, il 90% delle piccole nuove imprese fallisce. La metà resiste per cinque anni, un terzo riesce a sopravvivere per dieci”. Ciò suggerisce che ” Il modo migliore per evitare di cadere in questa rete è guardare a come si sono comportati i predecessori e imparare dai loro errori. Molti business falliscono perché il punto di partenza è sbagliato.”
Secondo noi gli errori del punto di partenza derivano dal fatto che la creazione di una impresa è un po’ come un innamoramento. Si scatena una passione che non fa vedere i difetti della propria idea imprenditoriale. Anzi li fa scambiare per virtù, come succede a chi è innamorato. Se, nelle prime fasi di vita dell’impresa, i difetti non vengono rimossi, ben presto l’edificio rivelerà le prime crepe e, se non si rimedia, prima o poi crollerà. Raramente lo startupper si pone le domande che l’autrice suggerisce: “ho scelto un’attività che può resistere anche quando gli altri gettano la spugna? Ho l’atteggiamento giusto, la determinazione e la pazienza per coltivare questo business per tutto il tempo che serve?”
Una volta partiti bisogna poi ricordare che un’impresa è un essere vivente. Cresce come una pianta, non come una costruzione meccanica. Come scrive l’autrice, “il tranello in cui spesso cadono le piccole imprese è quello di voler crescere, ma ogni impresa ha un ritmo che non può essere forzato. Bisogna valutare le proprie forze e avere un sguardo d’insieme per capire se è il momento di espandersi o se è meglio procedere con cautela.”
Con questo articolo speriamo di aver fornito agli start upper, in particolare a quelli che partecipano al citato concorso, una pillola di saggezza. Siamo certi che i nostri tutor la condividano e che ne faranno buon uso nella loro opera.